Per info sull’ospedale il sito di riferimento è https://www.sanpiox.net
Per la chirurgia bariatrica https://www.sicob.org/default.
Per la nostra equipe di bariatrica https://www.sicob.org/area_03_
Elenco Prestazioni:
Ecografia addome completo
Ecografia addome superiore
Ecografia addome inferiore
Ecografia apparato urinario
Ecografia parotidi e ghiandole salivari
Ecografia tessuti molli
Ecografia capo, collo, linfonodi
Ecografia cute e sottocuteEcografia muscolo tendinea ivi comprese:
Spalla
Gomito
Mano e polso
Regione trocanterica
Ginocchio
Caviglia
Piede
Ecocolordoppler carotidi o TSA
Ecocolordoppler arterioso arti superiori
Ecocolordoppler arterioso arti inferiori
Ecocolordoppler venoso arti inferiori
Ecocolordoppler aorta e vasi addominali
Protocollo chirurgia bariatrica:
La terapia chirurgica dell’obesità grave nasce in Italia verso la metà degli anni ’70. Nei primi venti anni della storia della chirurgia bariatrica assistiamo ad un vero e proprio sconvolgimento culturale. Inizialmente era persino difficile accettare, da parte di tutta la comunità medica, il concetto stesso che l’obesità si potesse curare chirurgicamente. La soluzione chirurgica, però, nasce e via via si afferma perché è l’unica in grado di comportare un notevole calo ponderale e, soprattutto, di mantenere, per un lunghissimo periodo di tempo se non per tutta la vita, la massima parte del calo ponderale ottenuto. Ciò comporta anche un netto miglioramento o addirittura la scomparsa delle comorbilità, una maggiore spettanza di vita ed una migliore qualità della vita. Tutto questo, a sua volta, dimezza, di fatto, gli esorbitanti costi sociali, diretti ed indiretti, della obesità e delle malattie ad essa correlate. Per tutte queste ragioni, il trattamento chirurgico dell’obesità grave, agli inizi assai discusso da molti e rifiutato di principio dai più, è, oggi, diventato una realtà ampiamente consolidata e condivisa.
Nella seconda metà degli anni ’90 assistiamo ad una vera e propria svolta epocale. Con il rapido diffondersi della chirurgia laparoscopica gli interventi per chirurgia bariatrica si moltiplicano a dismisura. Come spesso accade nelle fasi di rapida, continua e progressiva espansione, questo moltiplicarsi a dismisura degli interventi di chirurgia bariatrica, almeno inizialmente, ha comportato, quasi inevitabilmente e necessariamente, eccessi ed errori di indicazione.
Superata ampiamente questa fase, però, oggi va riconosciuto alla chirurgia laparoscopica ed al bendaggio gastrico regolabile il grandissimo merito di aver allargato il campo dei cultori della materia e di avere accresciuto l’interesse scientifico e mediatico intorno al pianeta obesità, contribuendo a rispondere, più adeguatamente, alle attuali accresciute esigenze e richieste.
La chirurgia bariatrica, anche per la notevole estensione del fenomeno obesità (globesity), è, oggi, la chirurgia in maggiore e più rapida espansione. La prossima e più stimolante sfida è il trattamento chirurgico del diabete, attraverso metodiche chirurgiche più o meno diversificate dalle attuali a seconda che sia associata (diabesity) o meno l’obesità. Già vi sono, infatti, inconfutabili evidenze, sperimentali e cliniche, della remissione del diabete, più o meno immediata e più o meno importante nei vari interventi di chirurgia bariatrica (bendaggio gastrico regolabile: remissione lenta in circa il 50% dei casi; bypass gastrico: remissione quasi immediata in circa l’85% dei casi; diversione bilio-pancreatica: remissione quasi immediata in circa il 98% dei casi).
Nel 2004 vi sono state tre pubblicazioni di enorme importanza sui benefici a lungo termine della terapia chirurgica dell’obesità nel ridurre la mortalità e la morbilità, che, è bene ripeterlo, sono direttamente proporzionali all’incremento del BMI.
Nel lavoro di Christou, paragonando i risultati a lungo termine della chirurgia e dei pazienti controllo, si osserva nei pazienti operati una minore incidenza di cancro (2.0 vs 8.49%), una minore incidenza di accidenti cardiovascolari (4.73 vs 26.69%) ed una minore incidenza di disturbi endocrinologici (9.47 vs 27.25%), muscoloscheletrici (4,83 vs 11,90%), psichiatrici (4,35 vs 8,20%) e respiratori (2,71 vs 11,36%). Pur considerando la mortalità operatoria, la mortalità registrata nel corso dell’osservazione è stata dello 0,68% nel gruppo dei pazienti operati e del 6,17% nel gruppo dei pazienti non operati.
Benefici analoghi sono riportati nel lavoro di Sjostrom ed in quello di Buchwald, soprattutto per quanto concerne la cura o il netto miglioramento delle principali malattie correlate e, quindi, in ultima analisi l’incremento della quantità di vita ed il netto miglioramento della qualità di questa.
Quando, quindi, siano rispettate le indicazioni ormai codificate, è ampiamente dimostrato che la terapia chirurgica dell’obesità ha una sua ampia giustificazione ed è superiore al trattamento medico nel mantenimento del calo ponderale ottenuto e nella conseguenziale scomparsa o riduzione dell’incidenza e della gravità delle comorbilità.
La pietra miliare delle linee guida internazionali per la terapia chirurgica dell’obesità è rappresentata dalla Consensus Development Conference del National Institutes of Health (1991). In questa furono stabiliti i seguenti criteri:
la chirurgia può essere presa in considerazione solo in pazienti opportunamente informati e motivati, in cui il rischio operatorio è accettabile e dopo il fallimento di programmi integrati di trattamenti non chirurgici (dieta, esercizio fisico, terapie comportamentali);
i candidati potenziali sono i pazienti con un BMI superiore a 40;
altre possibili indicazioni sono i pazienti con un BMI tra 35 e 40 che hanno comorbidità ad alto rischio o problemi fisici che interferiscono con una normale qualità della vita;
i pazienti devono essere capaci di partecipare ai programmi di trattamento e di follow-up a lungo termine.
In questa Consensus non venne fornita alcuna raccomandazione per gli adolescenti per l’assenza di studi sufficienti.
Nel corso di questi ultimi anni le linee guida sono sostanzialmente rimaste invariate, fatte salve le eccezioni relative all’età, sia in termini di riduzione, al di sotto dei canonici 18 anni, sia in termini di incremento, in linea di massima fino all’età di 60 anni (dai dati del Registro Nazionale della Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità si evince che solo circa il 2% dei pazienti operati ha un’età variabile dai 60 ai 65 anni e solo circa lo 0,5% un’età superiore ai 65 anni).
Il merito sostanziale ed incontrovertibile delle prime linee guida è stato l’introduzione di un criterio di BMI minimo (superiore a 40 o tra 35 e 40 in presenza di almeno una comorbidità, correlata all’obesità e suscettibile di miglioramento o guarigione per la perdita di peso), al di sotto del quale la terapia chirurgica non avrebbe dovuto essere presa in considerazione.
Questo criterio enunciato nel 1991 dalla National Institutes of Health Consensus (NIH), è stato più volte ribadito: nel 1995 e nel 1997 dalla International Federation for the Surgery of Obesity (IFSO), nel 1997 dall’American Society of Bariatric Surgery (ASBS), nel 2000 dalla Society of American Gastrointestinal Endoscopic Surgeons (SAGES), nel 2000 dalla IFSO, nel 2002 dall’American Gastroenterological Association (AGA), nel 2004 dalla Consensus dell’ASBS, nel 2005 dall’European Association of Endoscopic Surgeons (EAES). Criteri leggermente più restrittivi (BMI sempre superiore a 40) sono suggeriti nel 2001 dall’American College of Preventive Medicine (ACPM), nel 2005 (con almeno una comorbidità) e nel 2006 (anche senza comorbidità) dall’American College of Physicians (ACP). Viceversa, l’ASBS, nel 2004, e l’EAES, nel 2005, avanzano la possibilità che, per casi selezionati e solo in trial controllati randomizzati, possa prendersi in considerazione la terapia chirurgica anche in pazienti con un BMI compreso tra 30 e 35.
L’ASBS, nel 1997, sottolinea, ulteriormente, la necessità che il paziente sia ben informato, motivato e che abbia un rischio operatorio accettabile.
L’IFSO, nel 2000, raccomanda di accertare la capacità del paziente a sottoporsi ai dovuti programmi di follow-up.
L’EAES, nel 2005, suggerisce, ancora una volta, come non sia possibile fissare un’età limite, quantunque sembri ragionevole il limite dei 60 anni nella massima parte dei casi.
Si sono, di fatto, del tutto recentemente (Atene, 22-24 Settembre 2006) conclusi i lavori del Bariatric Scientific Collaborative Group (BSCG), una Commissione congiunta IFSO – EASO (European Association for the Study of Obesity) composta da Basdevant (F), Fried (CZ), Greve (NL), Hainer (CZ), Horber (CH), Mathus-Vliegen (NL), Scopinaro (I), Steffen (CH) e Tsigos (GR), che ha elaborato una serie di “recommendations”, relative alle indicazioni, alle controindicazioni, alla valutazione preoperatoria, al trattamento preoperatorio, alle tecniche chirurgiche, al follow-up, ecc. E’ presumibile e sperabile che questo documento sarà discusso con l’ASBS e con l’ACS (American College of Surgeons) per concordare, unanimemente, delle vere e proprie “guidelines” mondiali. Per quanto concerne, più specificamente, i lavori di questa Commissione circa le indicazioni alla chirurgia bariatrica, vengono riconfermati i limiti relativi al BMI (40 o 35 con comorbidità gravi) ed all’età (18-60 anni). Viene specificato, però, che il BMI di riferimento è quello iniziale, nel senso che un calo ponderale ottenuto con un trattamento preoperatorio non rappresenta una controindicazione alla chirurgia bariatrica prevista, anche se il BMI raggiunto è inferiore a quelli accennati, e che la chirurgia bariatrica è altrettanto indicata nei pazienti che hanno avuto un sostanziale calo ponderale in seguito al trattamento conservativo ma che abbiano iniziato a riprendere peso. In buona sostanza, il BMI minimo per essere candidabile alla chirurgia bariatrica non è tanto quello attuale, quanto il massimo raggiunto dal paziente nella sua storia clinica. Nei pazienti anziani e nei pazienti ad alto rischio è indispensabile una valutazione estremamente dettagliata del singolo caso (aumentato rischio operatorio, costi/benefici non definibili, qualità della vita, ecc.). Le controindicazioni specifiche alla chirurgia bariatrica elaborate dalla suddetta Commissione sono le seguenti:
assenza di un periodo di trattamento medico verificabile;
paziente incapace di partecipare ad un prolungato protocollo di follow-up;
disordini psicotici, depressione severa, disturbi della personalità e del comportamento alimentare valutati da uno psichiatra dedicato;
alcolismo e tossicodipendenza;
malattie correlate a ridotta spettanza di vita;
pazienti inabili a prendersi cura di se stessi e senza un adeguato supporto familiare e sociale.
Anche da questa Commissione viene ulteriormente sottolineata l’opportunità che la chirurgia bariatrica nei pazienti adolescenti avvenga attraverso un approccio meticoloso ed interdisciplinare.
Per quanto riguarda il limite inferiore di età dobbiamo riferirci a quanto stabilito nel 2003 dall’International Pediatric Endosurgery Group (IPEG) e nel 2004 dall’American Academy of Pediatrics:
BMI > 40 ed almeno una comorbidità grave (diabete mellito II, sindrome delle apnee notturne, pseudotumor cerebri);
BMI > 50 ed almeno una comorbidità minore;
BMI inferiori a quelli suindicati solo in caso di comorbidità a rischio di vita ed in casi particolari (grado di evidenza D);
prossimità alla statura adulta o maturazione scheletrica raggiunta. Il limite di 13 anni per le donne e 15 per gli uomini risulta essere, infatti, arbitrario e troppo vincolante (decisione da correlare allo stato maturativo);
possibilità di seguire un trattamento pre- e postoperatorio da parte di un’equipe di psicologi/pediatri e le linee guida nutrizionali postoperatorie;
capacità decisionale per un consenso informato;
sindrome di Prader-Willi;
esclusione in caso di abuso di stupefacenti nell’ultimo anno, cause mediche riconosciute di obesità, gravidanza (anche prevista nei successivi 2 anni) e di psicopatia che impedisca una adeguata comprensione dell’intervento ed un costante controllo post-operatorio.
Si può, senza alcun dubbio, affermare che, oggi, le indicazioni e le controindicazioni al trattamento chirurgico dell’obesità grave sono compiutamente codificate e del tutto condivise. Per quanto concerne, invece, le specifiche indicazioni ai diversi tipi di intervento non vi è ancora un generale consenso né una pratica clinica diffusamente condivisa.
Le indicazioni specifiche ai diversi tipi di intervento, oltre che basarsi sui risultati registrati in base alla EBM, devono, praticamente, tenere nel debito conto anche le condizioni specifiche, personali ed ambientali. Condizioni relative al paziente (età, sesso, sovrappeso, distribuzione del grasso, composizione corporea, consumo energetico, complicanze, condizioni morbose, spettanza di vita, qualità della vita, livello socio-economico-culturale, motivazione e capacità collaborativa, supporto familiare ed ambientale, distanza geografica dal luogo di cura), all’intervento (esecuzione tecnica, risultati, complicanze specifiche, immediate e tardive) ed al chirurgo (capacità tecnica, cultura ed esperienza generiche e specifiche, struttura, sistema sanitario).
A prescindere da controindicazioni anatomiche specifiche, dalla possibilità pratica di seguire o meno un determinato follow-up e da fallimenti di procedure precedenti, potrebbero individuarsi, in linea di massima, delle indicazioni elettive per i diversi tipi di intervento. Una metodica restrittiva, ad esempio, potrebbe essere riservata ai casi con BMI inferiore, di età meno avanzata, in pazienti con un habitus favorevole (femmine ginoidi, maschi periferici), con una buona compliance e con comorbilità assenti, scarse o poco rilevanti.
E’, però, più facile, tutto sommato, indicare le plausibili controindicazioni alle metodiche restrittive che non le indicazioni in positivo per ognuna delle metodiche disponibili.
Metodiche restrittive non andrebbero consigliate a pazienti con ipercolesterolemia grave o diabete mellito, a pazienti con complicanze gravi in cui la riduzione ponderale è assolutamente indispensabile, a pazienti di età superiore ai 50 anni in cui è plausibile attendersi un difficile mutamento delle abitudini alimentari, a pazienti non collaborativi ed a pazienti con malattia peptica o da reflusso gastroesofageo.
Di converso, quindi, un intervento malassorbitivo dovrebbe essere più facilmente consigliabile a pazienti con BMI ed età elevati, a donne con disposizione androide del grasso, a maschi con adiposità centrale, a pazienti con scarsa compliance o con disturbi del comportamento alimentare o, ancora, a pazienti con numerose e serie comorbilità.
E’ pur vero, però, che, oggi, qualunque intervento, purchè effettuato con le dovute indicazioni, da un chirurgo esperto, in centri multi- ed interdisciplinari con elevati volumi di attività ed in pazienti collaborativi, comporta dei risultati buoni, ottimi o eccellenti in una larghissima percentuale dei casi ed in una misura nettamente superiore ai trattamenti non chirurgici.
Vale la pena ribadire, però, il concetto che questa chirurgia va effettuata in centri multi- ed interdisciplinari ad elevati volumi di attività, che possano offrire al paziente la scelta tra i vari possibili interventi e che gli possano garantire un ottimale follow-up. L’atto chirurgico in sè è solo una parte (e, forse, nemmeno la più importante) del trattamento chirurgico dell’obesità grave. Il trattamento ottimale non può assolutamente prescindere dalla presenza di un team bariatrico chirurgico completo, composto da una rete di specialisti dedicati (chirurghi, anestesisti, psichiatri o psicologi, dietologi o dietisti, endocrinologi, chirurghi plastici, endoscopisti, ecc.) che, globalmente, si devono fare carico della corretta indicazione alla terapia chirurgica, della migliore selezione dell’intervento, della gestione post-operatoria e precoce, della gestione a lungo termine e del follow-up.
Interventi di chirurgia bariatrica più frequenti
Pallone endogastrico
Bendaggio gastrico
Sleeve gastrectomy
By-pass gastrico
Scrivi un commento